Quello che dovremmo fare è semplice. Niente di quello che ci attornia, ma niente di niente. Niente di niente? Niente. Fammi un esempio. Io per esempio penso ad una cosa che ha un nome, uno di quei termini che divengono consunti nel volgere di una stagione, come sono gli abiti alla moda: sfolgoranti e costosi, ma di nessuna consistenza, di nessuna durata. Penso ad una parola costosa, perché raggiungere nei fatti il suo significato sarebbe impegnativo, ma, come un abito troppo caro, ha tre possibilità: di restare in negozio ammirato desiderato occhieggiato, di essere comprato e usato pochissimo, anche con un certo imbarazzo, fino a che resterà confinato in un armadio, di rivelarsi inconsistente, a dispetto della cifra esborsata. Questa parola costosa e antipatica è
condivisione
L’avreste detto? Ebbene, mi sono stancata di sentirla ripetere, non voglio riempirmene la bocca, dacché molti se la riempiono.
Non voglio condividere niente, voglio essere individualista, una sporca, lurida, becera individualista. Non voglio condividere il mio lavoro, le mie fatiche, le mie scoperte. Voglio tenermi tutto per me, stretto. Gli altri vogliono che io condivida la mia intelligenza, il mio tempo, la mia disponibilità, i miei studi, le mie intuizioni, quanto loro condividono volentieri con me le loro paure, le loro fisime, le loro ansie, le loro paturnie, i loro malesseri, le loro frustrazioni. Mai che uno abbia voglia di condividere con me quello che pensa, che so, su Calvino e Pasolini. Che dici se provi a fare così, a me è riuscita bene la torta di pane fatta in questo modo. Manco quella: non ascoltano. Nessuno vuole darmi un pezzo del suo tempo, delle sue scoperte, delle sue idee, né vuole confrontare la sua torta moscia con la mia. Se la sua torta riesce meglio, F. me la descrive, me la decanta: mica me ne dà una fetta. Com’è che io devo far assaggiare la mia torta suprema e vedere le facce buie delle amiche? Non farò più torte per nessuno, buone o cattive, ricerche su P su C su VT, su L&D, su M, su CEG, per me, per me, solo per me. Anzi, basta anche con quelle. Voglio dormire, non mi svegliate fino a che il mondo non smette di condividere il mio e tenersi il suo. Fino a che non smette di mettersi addosso abiti sfavillanti fatti di stoffe scadenti, che si strappano al primo sforzo.
vogliamo fare insieme una torta di rose?
ehi!
il fatto è che si condivide, volenti o nolenti.
l’aria, il paese,il grano, la grana i virus e facebook
con/dividere,
con chi dividere?
Dobbiamo proprio dividere con?
Con/dividere il pane è un bel simbolo cristiano.
Io non sono cristiano ma è un bell’atto, anzi santo.
Anche il vino.
Però pare, dico pare, che le oligarchie attuali vogliano soltanto condividere le loro magagne non i loro beni, dico anche minima parte.
Ognuno per sè
mentre gli dei dormono.
Giuro che ho letto questo post risentendomi risuonare in mente proprio il brano del Banco che poi ho ritrovato alla fine del testo.
Ma tu la conosci Leave me alone?
A me sta bene. Non condividere. Sono io il primo ad essere individualista, bastardo e quant’altro, per cui non posso che essere d’accordo. Nessuno perderà niente né con me né con te, stanne pur certa sin da adesso.
ianno’? dov’eri finito, te possino! eri finito a notshare country, ti sei portato avanti, furbacchione!
😀
aitan: grazie, non la conoscevo o non la ricordo, è roba del paleolitico superiore o quasi! è da lì che vengo! tu no?
😀
E certo che sì. Sono stato uno dei primissimi in Rete a dire un secco NO alla condivisione. Le rare volte che concedo di condividere contenuti è perché faccio una concessione regale, non a caso il mio nick è King Lear.
Con le teste di cazzo… Si può dire teste di cazzo in un blog? Oramai l’ho detto quindi quel che è fatto è fatto quel che è detto è detto, come ci ricorda Stephen King. In ogni modo con certa gentaglia che ha rubato alcune mie cose senza permesso alcuno da parte mia c’ho ancora il dente molto avvelenato. Devono solo sperare di non ritrovarsi davanti a me o ne faccio polpette, in senso puramente fisico.
ianno’, io ce l’ho con le bocche larghe come quella della rana dalla bocca larga. con tutti quelli che – condivisione è una delle – ricorrono a parole/concetti che valgono solo per gli altri. io non ho problemi a farmi saccheggiare, non me ne frega un picchio: però, tu che mi usi, che sei disposto a dare a tua volta?
cosa metti in comune, quali idee, quale confronto sei disposto ad affrontare? io sono mortalmente stufa di enunciazioni di principio. questo paese è tutta una chiacchiera. si fanno regole e chi le fa è il primo a non osservarle. così anche nei rapporti privati.
c’è chi blatera di libertà: che è la sua, di prendere andare venire usare a piacimento e non si ferma un attimo a pensare che se io mi sottraggo è per salvaguardare anche i miei principi, che, fino a prova contraria, hanno diritto di cittadinanza quanto i loro: sempre che sfruttare la situazione sia un principio. com’è che la libertà è la libertà di certuni contro la libertà di altri?
non mi vengano a parlare di berlusca: quel tale è l’epifenomeno di una palude in cui sguazzano milioni di italiani, compresi tanti che si professano di sinistra e nelle relazioni private sono degli squali. egli non ha sdoganato i fascisti, ha sdoganato gli stronzi.
“quel tale è l’epifenomeno di una palude in cui sguazzano milioni di italiani, compresi tanti che si professano di sinistra e nelle relazioni private sono degli squali. egli non ha sdoganato i fascisti, ha sdoganato gli stronzi.”
da immortalare per i posteri… se ci saranno
Mi è piaciuta la tua frase: “non mi svegliate fino a che il mondo non smette di condividere il mio e tenersi il suo”… Hai ragione … ma se tutti dovessimo fare così, nulla cambierebbe…. quindi facciamo un sacrificio e… CONDIVIDIAMO: è un atto d’amore, e quando c’è l’amore di mezzo non dovrebbe pesare così tanto, non credi??!!
Un abbraccio, spero condiviso….
Cristiana 🙂
(un accanita lettrice del blog di Cristina Bove, nel quale condivido gioie e dolori)
benvenuta, cristiana!
se leggi attentamente i commenti, si capisce che io continuerò a farmi “derubare”: sono fatta così. però, per favore, invoco il buon gusto di smetterla con le etichette che sono appunto tali. con-dividere in bocca a tanti significa non mettere in comune e spartire e crescere davvero nel confronto, ma ipocritamente ammantarsi di nobiltà di intenti che franano immediatamente non appena si tratta, da parte di certi individui, di mettersi in discussione, di dare un contributo.
a scuola ne vedo delle belle: la scuola, i presidi, traboccano di frasi ad effetto. il mio dice sempre condivisione, condividere, ma egli per primo tende ad agire d’autorità. ho dei colleghi che non danno niente (penso perché non “sanno” niente) e in più boicottano, criticano il lavoro altrui!
condividere per molti è privo del prefisso. è “dividere” il tuo, come i centurioni con le vesti di cristo, mentre il proprio, supposto che ne abbiano, se lo tengono ben stretto.
c’è chi fa la passerella: quando un altro gli dice, poniamo, su un blog: ehi, io penso che le cose stiano diversamente! questo per dar vita ad un dibattito, il tale toglie il post. sì, perché aveva “condiviso”, dal suo punto di vista, abbastanza, regalandoci le perle del suo ingegno. viste? ecco, le hai viste e statti contento così. visto come sono bravo? allora, se sei così bravo che non accetti che si possa pensarla in un altro modo, mettiti davanti allo specchio e rimìrati, ma non far finta di volerti confrontare con altri. non te ne importa niente di confrontarti, di con-dividere: ti importa solo affermare il tuo io, farti le carezzine da te, sentirti in gamba. sai già tutto e ti reputi figo: vuoi che molti altri lo sappiano e ti reputino figo.
questo spesso sono i blog.
i blog passerella.
ciao.
lu
Hai dato un ottimo quadro della situazione e non ti nascondo che sono diventata becera anch’io. Sono stufa di essere ricercata per avere la lezione gratuita sul Paradiso di Dante Alighieri oppure per l’analisi di un testo e poi accantonata fino alla prossima occasione. L’altro ieri una signora ha tentato di farsi regalare un quadro, non le è riuscito ed è scomparsa. Fare del bene è una cosa, essere la spalla di tutti un’altra. Sono d’accordo: sii becera. Io ci provo.
ciao mimma! ci proverò.
però, di’ un po’: arriva l’età della ragione, vero? e perché deve arrivare all’insegna di un restringimento, di una separazione, di un erigere muri, dopo che tutta la vita non hai fatto che cercare di abbatterli? perché devono avere ragione i miei genitori, a distanza di anni dalla loro scomparsa? è un magro bottino, questo. dover sempre guardarsi attorno e fare la conta e ogni volta, ad ogni smusata accorgersi che devi depennare qualcuno!
oppure forse si può tenere tutto e tutti: basta mettere su una bella faccia di chiùlo…
😀
Hai ragione, non ho la forza di essere becera. Soltanto meno credulona e più prudente.
La canzone del Banco ci accompagna, Lucy, antidoto efficace al saccheggio che dipingi a tinte tanto forti quanto realistiche. Solo un appunto: ad altri, non a te, va applicata la definizione di ‘becera’. Sulla banca del tempo tra noi che ci ritroviamo a canticchiare o a urlare a squarciagola “Non mi rompete” vorrei però ritornare…
ciao, anna maria! torniamoci, su questi discorsi! ti aspetto.
lu
ora,dopo la quarta aspirina, e i brividi come se fossimo sotto zero,sono più che sicura di aver condiviso il virus con qualche mio allievo! E’ più di un mese che sono accerchiata da tossi raffreddori e altro ancora e non posso dire ma non rompete…Ho tutto rotto, come mi fosse passato sopra un tir.
povera! stamattina i fazzoletti attaccati ai nasi sono una marea! speriamo di non ammalarci tutti. anch’io dico “mi sento come se mi fosse passato sopra un tir”!
buona fortuna!