Quello che si vede in superficie
è il resto di un’ustione, la materia
grigia e ingrata di una rinuncia,
di un approccio sghembo alla parola.
Storte le sillabe, storta l’anima
che le ha nutrite figlie prodighe,
che se tornano non ho di che dargli
a mangiare, io sola al sole, a mendicare.
Ho notato che sei di cattivo umore.
Ma bisognerebbe saperlo con certezza che le pa-ro-le sono la nostra anima. Io credo di sì, altro non c’è.
altroché se hai da nutrirle, tu, le parole!…
e anzi, sappi che sono tutte a far la fila dietro la tua capa.
e allora je devi da da’ rretta, je devi!
mica le pòi fa’ sta’ comme poracce a aspetta’ che le scrivi!
aho!
e poi ci sono pure io ad aspettare, mica te lo scordi, eh?…