c’è una cosa che odio profondamente, che faccio anche se la odio; la faccio perché ancor più ne odio un’altra: odio quando un paio di alunni ridacchiano tra loro ripetutamente mentre spiego cose noiose ma necessarie. ma non se ridacchiano quella volta soltanto: la faccio se hanno riso o perso tempo anche quando non era affatto noioso. perché sono di quelli che non gli interessa quasi niente, che non sanno stare buoni venti minuti, che continuano imperterriti e manco s’accorgono che li stai guardando. tiro avanti una settimana, gli do tempo di mettersi in riga. niente. allora faccio la cosa odiosa. vado avanti tranquilla: le cose noiose ma necessarie sono anche difficili: perdersi un passaggio anche minimo può essere fatale.
dico una cosa apparentemente poco importante e invece decisiva: tipo che leggiamo la scuola siciliana toscanizzata ma che abbiamo la prova che i testi erano a tutti gli effetti in siciliano e spiego perché. poi richiamo le vacanziere e le avverto seccamente che è da un po’ che le sto tenendo d’occhio: si scocciano. poi ancora mi metto a leggere “amor è uno desio che vien da core” in siciliano. mentre tutti sono attenti, una delle due ridanciane se ne esce giuliva non raccapezzandosi del perché questa befana stia facendo ‘sta cosa buffa e inutile: e mi fa un po’ divertita e sprezzante: ma noi non abbiamo il sonetto scritto così! ha un’aria trionfante, stracolma di ripicca.
si voltano in tanti in classe, con aria di compatimento: l’aveva detto che avrebbe letto in siciliano per farci capire la differenza.
la prossima volta ti do quattro, per dire.
[molti a questo racconto hanno obiettato che dovrei dare due, subito]
Gli anni passano e gli studenti sono sempre gli stessi, tanti stagionano (nel senso che marciscono) pochi brillano; parlo da ex studentessa “non si applica”. Dal mio poco interesse ne è nato uno forte, quasi una passione: la lettereatura. Per questo devo ringraziare tutti i 4 annotati e lei che mi ha aiutata nel raggiungere due grandi soddisfazioni universitarie (‘Myricae’ 30 e lode, ‘Divina Commedia- Inferno’ 28).
un caloroso saluto,
Greta Moron