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Archive for the ‘1’ Category

oggi qui:

https://libroguerriero.wordpress.com/2016/03/10/madri-e-figlie-di-lucia-tosi/

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Carteggi letterari

http://carteggiletterari.org/2015/06/04/poeti-santi-navigatori-lo-stato-in-arte-della-poesia-contemporana-rubrica-a-cura-di-lucia-tosi/

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echi ridotti #32

sempre cortesi sempre moderati
nei gesti, nelle parole
che soddisfazione, mamme
che avete tirato su una così bella prole!
cresceranno per bene, non sposteranno un sasso,
guai uccidere una formica! fuggiranno il bailamme
dei loro pari, non respireranno guari, 
contenti di lor vanità che par persona.
chiedi loro aiuto, ti sorrideranno,
avranno una buona parola
uno di quei gesti pacati,
nemmeno una ruga sulla fronte,
il piglio tenue eppur sicuro
che indossano tutto l’anno.
[e te ne verrai ingobbito
col tuo segreto: di aver veduto
camminare la morte in completo
grigio, senza falce]

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echi ridotti #24

ecco: fernuto.
m’è crisciuto
‘o scartiello:
e nun so’ scelle.

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echi ridotti #12

galeotto è il divano e chi l’ha fatto
sul divano divago e mi diletto
dal divano al letto il danno è tratto
a dormir mi danno: guardo il soffitto

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Sedicesima conversazione

la cenere degli astri

nello spazio duro e cupo

che va dalla casa all’orto

si deposita in uno strato

fermo compatto invalicabile

scende mescolata all’acqua

quando grandina sono proiettili

corro fuori a salvare l’insalata

e i legumi poco produttivi

daccapo il giorno dopo il sole asciuga

liscia livella la landa desolata

torna il vento e altra polvere

io pianto trapianto e piango

che non sono stato goloso, ma geloso

ho detto che c’è un errore: sogghignano

beati.

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Quindicesima conversazione

sai,  mamma

la piccola vuole morire!

la tua piccola, quella che, da ultimo,

scambiasti per la cugina morta

da tanto tempo

(che pugnalata, signore, quella volta!)

non alzerai le braccia al cielo

ché un cielo non c’è

a cui alzare le braccia.

non barare con me: non c’è

e basta,  e non fingere

di disperarti alla notizia

che c’è di peggio ogni dannato giorno

tu stai al sicuro, di là dal muro

non sei nemmeno più nel vento

non ti vorrai lamentare…

dicevo che la piccola vuole morire

(sta’ ferma non ti agitare)

non è una novità è vecchia storia

risale al millenovecentosettantotto!

perché, mi dici. e che ne so perché?

voglio morire, e basta.

ma la beffa è

che non posso permettermi la morte

(di questi tempi neanche un paio di scarpe

si può più, in verità, signora mia, mamma mia)

devo crescere, vivere e morire

ma non per mano mia

quando lo vorrà quel cielo

che neanche tu ci credi più

quel cielo deserto in cui stai

in cui ombre smagrite in veste

d’uccelli di passo van cantando

lor guai: non una voce che li ascolti:

mai, quasi come qui…

ma qui è peggio: ogni dannato giorno,

è peggio.

vatti in pace, che la mia marea nera

non hai fatto a tempo

a patirla.

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Quattordicesima conversazione

hai ragione, siamo sempre in tempo

(come hanno ragione le ragazze belle

basta ammicchino di sguincio cogli occhi

si intraveda un attimo di pelle)

per me è mattina, per te ancora notte

dire e stare e mangiare qui ogni giorno

davanti a dei brandelli di giornale

poi s’esce e s’incontra il marciapiede

coi suoi quaranta all’ombra delle case

solo facciate imposte e balconate

la sagoma rattrappita d’un cane

un albero sbilenco con un’ombra

circolare pomo pero chi può dire

è un progresso è un sintomo del contagio

è finito il tempo del disagio

ho un mio nucleo tradizionale

un punto fermo come una fase

che attraverso rapido e mi riporta

sempre indietro a quella dannata porta

alla livida palude del nocchiero

ormai non sono più, ma prima ero


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Tredicesima conversazione

avventure e peripezie non le ho mai potute soffrire

licenziose e degradate – sei matta – ma quando mai?

stavo lì col posto fisso il sabato mezza giornata

il pomeriggio dal parrucchiere un rito di passaggio

la streghetta occhialuta la crisalide ligia e bigia

si faceva farfalla volavo verticale

dopo una settimana orizzontale

in cui dovevo sorridere amaramente

alla mancanza di punti di contatto edificanti

in cerca di uno specchio in cui potermi vedere

un microfono a cui lasciare la voce da riascoltare.

sono diventata brava a riassumere con perifrasi

una vita insipida e balenga quella cosa

che – ad essere precisi me lo chiedessero –

definirei verdastra – perché ridi – sì verdastra.

non uomini non figli malattie di testa

finite sul corpo – eterne diete e vitamine e ferro –

la mela dopo pasto la bistecca al sangue

le vacanze in montagna perché al mare no

le zitelle – a mostrare cosa le cosce mosce -.

poi – dice – una viene qui che se me lo chiedi

– chiedimelo hai capito – non ho capito niente

ancora c’è la fabbrica e le perle e le sirene

il paesino le mucche la laguna le mele

lo yogurth acido – che fa dimagrire ma non è vero –

tu con le trecce e una faccia piena di perché

le ossa delle scapole fragili il broncio sopra il piatto

ma niente – ti dico credimi – niente è più al suo posto

neanche i colori. li hai mai visti – potrei anche sbagliarmi –

un bosco rosa una mela bianca una bambina azzurra?

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