Il malumore è uno status. Così status che non se ne vuole andare. Sullo stato impo-stato a malumore (esistenziale, ambientale, socio-politico, economico, eroticosessualmorboso, relazionale, materno, ovulare, atmosferico, cervicale, eolico, nonché ionico-attico) si spalma il malumore ram, quello procurato quotidianamente da multe stradali, pastasciutta salatissima preparata dalla figlia, che per un solo boccone hai dovuto berti il Piave tutto il pomeriggio, ma, amore, era buonissima, inizio di raffreddore, ritorno delle figliole prodighe (ma non dovevamo vederci più?), e la ciliegina dell’ultimo compito incorreggibile per stasera perché certi errori madornali, uniti alle grafie runiche, gotico-auree anche solo gotiche, cirilliche, cuneiformi, geroglifiche, shodo e dintorni ti impediscono di proseguire spedita. E allora passi per il malumore di basso fondo legato ai fatti personali, e passi per le scocciature familiari: ma gli studenti citrulli, quelli, basta! E’ tanto drammatico scrivere trenta righe decenti su “Ariosto e Machiavelli: quotidianità e vita intellettuale” e sulle “sacre rappresentazioni” presenti nei Canti VIII-IX del Purgatorio, tutta roba già spiegata, masticata, triturata da me? Estraggo dal mucchio e non virgoletto perché dovrei virgolettare a tutto spiano:
Machiavelli nella lettera a Francesco Visconti, a Vittore (a tuo nonno!), dice che va a caccia di tortore (oddio, le tortore no!), taglia la legna, gioca all’osteria con gli amici, poi alla sera si cambia d’abito e legge autori minori come Ovidio e maggiori come Dante. La differenza con Ariosto è che lui vorrebbe tornare alla vita di corte, mentre Ariosto in corte ci sta male come un usignolo in gabbia, oppure una rondine, e poi Ariosto vorrebbe starsene a casa e mangiarsi in santa pace le rape che gli piacciono tanto con i tordi (quelli di Machiavelli?) cosparse di salsa sopra uno stecchino. Ariosto gli basta (l’anacoluto ci sta da dio) poco come Orazio, mentre Machiavelli si sente che anche se si accontenta vorrebbe di più, è per quello che si ingaglioffa (che soddisfazione: ha citato!) con gli amici poveri all’osteria. Ad Ariosto va bene anche una vil coltre, Machiavelli si mette invece panni reali (nel senso che sono abiti veri?) e ha un’idea diversa della storia antica che Ariosto ammira e invece lui usa per dire che con l’insegnamento della storia si può modificare il presente (come no!). Nessuno gliel’ha chiesta, ma sono riusciti a rifilarmi la visione dell’uomo dell’uno e dell’altro scrivendo uomo una ventina di volte. Ho corretto solo il recto, sul retro c’è Dante: ne ho visto uno e mi basta. Ben mi sta: insisto a farli lavorare sull’unica cosa che conosco, la letteratura, sulle letture programmate. Ogni tanto mi prendo delle libertà, ma resto punita. Ogni tanto dò argomenti “attuali” ed è pure peggio. Il regno dell’idiozia, del cattivo gusto, delle semplificazioni. Rivoglio la mia quinta dell’anno scorso!
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