Rispondo con un post a Falconieredelbosco, che me ne ha offerto lo spunto.
Andiamo per ordine, Fausto. Il “pensierino”, o “pensierone”, di oggi è tratto da uno di quei libri della lista dell’altro giorno. Per i pensierini mi oriento a memoria – andando a verificare sul testo – se è roba attempata, trascrivendolo direttamente se mi ci imbatto. Siccome sono un po’ fissata con la questione della qualità di ciò che viene pubblicato, ultimamente mi sono orientata su pensierini dedicati alla letteratura, e questo è uno di quelli, di una semplicità ed evidenza disarmanti, che esprimono quello che penso. Sì, sei andato un po’ fuori tema, perché qui non si parla del valore delle persone, ma del valore delle “opere d’inchiostro”, come direbbe Ludovico Ariosto, e di certe persone, gli scrittori, non di tutte. Né si mette in discussione il valore di una persona a dipendere dal suo grado di cultura e letture. Possiamo anzi ipotizzare una persona non colta che pure abbia letto tanto: di sicuro è ipotizzabile un escremento, dalle parvenze umane, che sia coltissimo, di questi te ne potrei indicare qualche decina. Se fai attenzione le parole invocano libri rappresentativi della vita, romanzi che (cito un altro passo dello stesso libro) “rispondono a tutte le attitudini umane, a tutti i comportamenti, dal più nobile al miserabile. Uno legge e si domanda: cosa avrei fatto io? Deve domandarselo […] è un modo di imparare a vivere”. Per questa ragione per me è importante che i libri mostrino la vita: come, non ha importanza: qualunque genere va bene, non è una questione di genere. La vita deve scorrere in quella storia, deve metterci con le spalle al muro e prenderci a schiaffi nell’anima; deve suscitare delle reazioni, deve farci arrabbiare, ma anche consolare: questo non nel senso della facile consolazione (e vissero felici e contenti), ma nel senso di non farci sentire soli. E questo lo può fare uno scrittore che passa inosservato, come un grande autore, o uno che almeno sia considerato tale. Certo, chiunque potrebbe a questo punto dirmi che una persona di scarso orizzonte può sentirsi in buona compagnia con un romanzetto della serie blue moon, un romanzetto “popolare”, un “rosa”, ma è evidente che il mio discorso non si riferisce a questo tipo di “prodotti”, ma ad opere d’ingegno. Il problema a questo punto si complica, perché anche tra gli autori di vaglia si incontrano delle ciofèche incredibili: autori nella loro totalità o singole loro opere. E la parola ciofèca è perfetta: noi indichiamo così, per esempio, il caffè orrendo che taluni si bevono e giudicano buono: anzi, deprecano il caffè robusto, che sa di caffè e non di cicoria. Qui non pretendo di avere lo scettro della critica, tutt’altro: mi limito ad osservare che, per molteplici ragioni, oggi è un po’ più difficile che non in passato distinguere e, in ciò del tutto confusa e disarmata, aggiungo che la rete ha aumentato gli abbagli e le difficoltà a discernere il grano dal loglio. Vuoi leggere una cosa “semplice”, scritta con limpidezza, con un nitore ed un’eleganza che direi classica? che ti dia uno spaccato di vita reale, che ti faccia ridere e piangere, e incazzare? che abbia un grado notevole di poesia? che narri una storia dei nostri giorni? che sia, insomma, coerente con quello che le parole del pensierino dicono? Te lo dico subito, è il romanzo di un mio carissimo amico di penna e di telefono; se credi che io sia persona trasparente, non ti faccio questa segnalazione, che peraltro ho già fatta nel mio blog, per pubblicità: ma per trasmetterti qualcosa di quello che io ho apprezzato e che, secondo me, ha un senso nel panorama letterario attuale italiano. Mi è venuto in mente lui, per te, perché ne ho apprezzato lo stile e lo ritengo un libro leggibilissimo e godibilissimo, senza cianfrusaglie e contorcimenti intellettualistici. Diretto, perché è specchio di rettitudine, di rigore “morale”, se il caro amico Giorgio mi concede lo scherzo.
Giorgio Morale, Acasadidio, Manni, 2008
qui
dove ne ho parlato.
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