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Archive for the ‘frammenti’ Category

di che parla la poesia?
della morte.
solo della morte?
della morte, sicuro.
ma non è vero: c’è di tutto nella poesia.
c’è di tutto, sì: ma lei è sempre lì.
ci sono alberi e vento e acque…
…ma lei è sempre e ovunque: in quegli alberi in quel vento e nelle acque.
non posso pensare che i poeti mi parlino solo della morte.
se i poeti sono poeti ti parleranno sempre e soltanto della morte
che la nominino o la tacciano, la morte di tutti, la loro stessa morte
è sempre e ovunque.
non ci credo.
ora non lo pensi: ma poi lo penserai.
e quando?
quando incontrerai davvero un poeta. e lo incontrerai dentro di te e dentro
di te ti parlerà con parole che non si leggono che non si possono sentire.
e dietro gli alberi i volti le case la guerra l’amore sentirai che si nasconde lei.
ti prenderà un brivido una vertigine ti stringerà alla gola.
sarà terribile, sarà spaventoso?
sarà scoprire che si può amare la vita.

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haiku

langue la lingua
non batte dove il dente
duole: lo lecca

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le notti si sommano alle notti
e tutte hanno una spuria lentezza
che ti ridà al sole del mattino
gli occhi ancora aperti disperati
disegnano dei margini al silenzio

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il pregio di stare in casa è godersi l’uscita dei propri cari. ci avete fatto caso? se uscite di norma prima di tutti, o anche solo poco dopo, non ne cogliete i gesti nella preparazione, i ritmi; o loro sono pronti e rifiniti e voi siete sotto la doccia, o siete fuori, mentre stanno a malapena sbadigliando al risveglio. se si esce in contemporanea, la prospettiva si accorcia, si è già tutti proiettati e concentrati sulle cose da farsi, sul tragitto da percorrere, autobus, macchina, perché no? vaporetto. aggirarsi per casa con il tempo vuoto davanti – che vuoto non sarà, ma, dipende – ti fa dire una cosa a una, una cosa all’altro. aggiustati la camicia, stai bene con questo colore, se devi camminare metterei altre scarpe; sei come lo spettro amico di casa che però fa trovare il cellulare, le chiavi, non fa dispetti, ma prepara colazioni; sei come una madre d’altri tempi – è ora che tu prenda le sembianze di tua madre, più o meno così, shakespeare -; hai questa angolazione nell’osservare parti di vita sconosciute – la domenica tutti stanno a casa, non è lo stesso – o dimenticate; ti accorgi di vivere con persone bellissime, bellissime al risveglio! vigorose, energiche, coraggiose. mi accorgo che ho un marito bello e una figlia che è uno splendore, sorrisi luminosi, figurette eleganti. e piango perché, io che non credo, non ho un dio da ringraziare.

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che poi, quando è amore, non c’è regola, non ci sono compensazioni, attrazioni di opposti, legami giudiziosi o liaisons dangereuses, affinità elettive, disomogeneità stuzzicanti. l’amore per sempre, questa rarità, vive il giorno, incontra la tragedia, si trascina nella commedia, risorge nell’epica, ha guizzi lirici. l’amore per sempre, questa noia, questo adynaton degli impediti, questo ripiego da niente, da gente da poco, non ha cognizione di sé, non sa perché esiste, quando esiste. non pallido simulacro, ma in carne e sangue, l’amore quando è amore cammina, affronta aspre salite e corre a perdifiato nelle discese, sta il più del tempo in falso piano, non sa di procedere, non vede che il tempo passa, si sente sempre ragazzo: non per niente è un eterno fanciullo, il suo dio.

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ieri sera ho fatto un minestrone cui ho aggiunto un pugno di piselli surgelati. nel rompere il blocchetto, ne sono volati come schegge di bomba sul piano di lavoro e per terra. ho raccolto quello che ho visto, conscia che sicuramente altri sbucheranno in futuro. al risveglio, in un posticino canonico vicino alla porta finestra, in cui c’è sicuramente una fessura, da dove in aprile salgono le formichine, a volte in quantità molto seccanti – quest’anno non si sono viste – ho trovato un quadrato ordinato di piselli pronti per il trasbordo in chissà quali anfratti del palazzo e due o tre formichine impazzite che gli girano attorno per organizzare il trasporto eccezionale. mi fanno tenerezza, diversamente dal solito. sono ammirata della solerzia, della combattività, della speranza che mostrano di avere: e dei sogni, perché di là non passeranno mai quei giganti di cibo. le lascio tranquille a immaginare un inverno succulento.

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ho sognato che avevo i capelli castano scuro, mossi e con qualche riflesso rossastro.
è il timore del cambiamento che prende la forma bi-logica di una parte di me che non può restare, nella mia immagine corporea, altro che bionda, in opposizione alle donne della mia famiglia, per lo più brune. sono bionda come le mie nonne, come mio padre, come mia figlia.

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Fuori del teatro un’acqua spaventosa dal cielo, la marea minacciosa nei canali, a bordo riva, nera, con piccole onde esatte increspate dal vento. Due gradi in meno e sarebbe stata neve. Il canale della Giudecca, perduti i contorni soliti e le consuete proporzioni, per la gran massa d’acqua, su entrambi i fianchi, sembra un gran fiume, il Danubio a Budapest. Freddo, senti piombarti addosso tutta la difficoltà che ogni volta dimentichi per amore: Venezia, d’inverno, di notte, sotto una pioggia battente, senza ombrello, l’acqua a un pelo dal montare le rive, reca tracce di sogni infantili, ti mette ubbie e languori di disperazione.

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frammenti. 5

troppo poco il tempo
troppe le cose da imparare

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frammenti. 4

un ammasso di lucido compatto

dolore: non in potenza, ma in atto

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