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mi sono stancata delle sfumature.
quando per troppa gioventù
non le vedevo ero un’ingenua
dovevo crescere. quando cominciai
a vederne e a parlarne divenni
una rompiscatole.
adesso lascio cadere – se posso – i mezzi toni
le cose dette e non dette le immagini
che tradiscono un infinitesimo
essenziale particolare: non ne vale
la pena. ci sono travi e macigni
– d’altra parte – nella realtà che aspettano
il mio sguardo. e per qualcuno queste
sono le sfumature.

sto in agguato
acquattata
dentro di me
come un gatto
selvatico
in attesa
che la quaglia
del mal di testa
spicchi il volo.
non saprei dire
diversa la mia
battaglia di ogni giorno.

a qualcuno accade
la sfortuna di restare
bambino mentre per le vie
della vita passano tra clangor
di buccine infiniti imperatori nudi

è l’ora che il desìo si volge all’acqua
poi silente la mano il lume
spegnerà a favorire il vuoto
benefico di poche ore nude
nell’assenza profetica di morte
senza la quale non avremmo vita
morire ogni notte senza morire
per vivere ogni giorno senza vivere

e non pensavo
giuro non pensavo
quando pure t’amavo
con tutto il trasporto
che la natura mette
alle madri in corpo
che tu saresti diventata
il centro di tutto
senza fronzoli e orpelli
senza cornelia
che mostra i suoi gioielli.
vorrei tornare indietro
per ritoccare il quadro
casomai abbia mancato
di un sorriso o dell’ascolto
che niente t’abbia a turbare
che nel ricordo di me tu possa
ridere riflettere ricordare
una donna che un destino
– per tante specie assassino –
t’ha messo accanto
– per una volta gentiluomo –

una cosa spero:
di non aver detto mai
e mai aver scritto
niente di “ispirato”
niente di poeticamente
poetico.
spero di aver scritto
spero di aver detto
cose normali
niente di volatile
e sfumato poeticamente
polisemico.
spero ancora
di essere stata
al mondo per rompere
per strappare
per mettere dita
negli occhi
per accecare
per alzare la testa
e tirare su col naso.

per imparare a stare
sola e fare finta di niente.

ci sono cose che non faccio più
e altre di cui non voglio più parlare
ho usato tutte le parole tutti i segni
ho cercato e creduto in quello che cercavo
trovato in parte in parte era un abbaglio
tutta la vita un sogno
dal sogno al sonno
e non faremo, non parleremo più

la mia è vita
che si sottrae
che si ritira
e in questo
non starci
– che mai
avrei pensato –
ho trovato
un senso
– penso –
uno dei tanti
– niente di che –
una specie
di pertugio
di anfratto
da cui spiare
l’infinito

ai poeti ostinati

la poesia, come la nostra vita,
non è immortale – oggi non è immortale -,
non ci seguirà nemmeno nella tomba:
e non rende immortale alcunché.
ma non è, sia chiaro, sfogo.
è un mutante, e una mutanda:
da calzare per coprire malamente
la vergogna di essere vivi.

la domenica è in questo guardare
è nel perdere tempo
nella gioia sottile
del vuoto delle ore
è il fuori dai vetri
che mi sfugge ogni giorno
la terra smossa nei vasi di fiori
spiarne curiosa la crescita stenta
non cala il tenore del mio stare
al mondo che continua a girare
sono solo più attenta
alle cose da niente
che quelle importanti mi azzanneranno
comunque e dovunque
tutto il tempo dell’anno